Durante un combattimento di karate il vostro avversario è autorizzato a colpirvi ma ha un profondo rispetto per voi. Durante un esposizione canina i vostri avversari non possono darvi un pugno o un calcio ma alcuni lo desiderano ardentemente.
Sono sempre stato un grande appassionato di arti marziali e da ragazzo frequentavo una palestra di karatè e facevo gare di kumite (combattimento). Ma la disciplina, il rispetto, i rituali la lealtà e tutta la filosofia orientale intrinseca in questo sport lasciano poco spazio al vero confronto, all’adrenalina o addirittura il pericolo!
Mi serviva qualcosa di più forte. Decisi allora di frequentare le competizioni cinofile! Il primo impatto non fu facile perché passare dal candido ordine delle gare di karatè alla calca alle 8 di mattina davanti al cancello d’entrata dell’esposizione di bellezza necessitò da parte mia di una grande opera di autocontrollo. Individui dalla fattura più diversa trainavano macchinari bizzarri di dimensioni variabili ma tutti con la stessa caratteristica: l’instabilità. Devo dire che venivano condotti con grande maestria e che nonostante la sovrapposizione di gabbie, tavoli da tolettatura, trasportini con o senza cani, sedie, poltrone, recinti, teli e quant’altro di necessario per passare quella che, avrei scoperto successivamente, era una giornata di lunghe e interminabili attese, gli incidenti erano rari. Quello che mi affascinò sin da subito però fu la competizione! Mancavano ore alla gara ma già lì fuori si respirava aria testosteronica il che spiegava come individui dalla scarsa forza (o con evidenti strutture fisiche poco aerodinamiche) riuscissero a spingere carichi disumani sgomitando per raggiungere la posizione più di rilievo che permettesse loro di entrare prima dei concorrenti.
Nonostante i miei anni di esperienza e di allenamento non ero assolutamente pronto a questo e soprattutto alla fase successiva rappresentata dall’apertura dei cancelli e la corsa per assicurarsi i posti migliori. In questa fase, infatti, a parte la prestanza fisica si necessitava di ingegno e intelligenza per la scelta del luogo dove creare la propria zona di permanenza. Gli individui più esperti cercavano di stare vicino al ring dove veniva giudicata la propria razza ma non troppo vicino all’entrata; comunque lontani dalle zone di passaggio quali bar o bagni e, soprattutto, lontani dal loro rivale più diretto!
E qui iniziava la parte affascinante per me. Uno da una parte e l’altro dall’altra. In mezzo solo un ring a dividerli, poche transenne ed un tappeto. Sono i due competitor principali. Di solito allevatori di lunga data ma spesso anche principianti che in pochi mesi sono diventati accaniti frequentatori delle expo e si sono già fatti odiare per la loro presunzione. Quale sia la loro provenienza la scena della preparazione alla battaglia era davvero eccitante. L’installazione veniva curata nei minimi particolari come un campo base militare e durante le operazioni un occhio sempre vigile a controllare le mosse del nemico. I rituali della battaglia possono cominciare: preparazione del cane in primis, ben in mostra sul tavolo, curato, oliato e impomatato, poi le public relations, i sorrisi o saluti al giudice o la raccolta dei cortigiani (amici, clienti, allievi) che garantiscano il massimo del pettegolezzo, del giudizio e della critica nei confronti degli avversari.
Ero davvero sbalordito ed eccitato ma tutto quello che avevo visto fino a quel momento era niente perché il momento dell’entrata nel ring e i secondi che lo precedevano mi affascinarono in una maniera indelebile. Sudore, tensione e i membri della stessa fazione che non riuscivano a trattenere l’aggressività e iniziavano a litigare per ogni stupidata: “dove hai messo il libretto delle qualifiche? Ahrrrgrrr. Portamelo subito!” oppure “non trovo la spazzola chi è quel testa di c. che me l’ha spostata?” “Agata!!fammi il nodo alla cravatta..sbrigatiiiiii”.
Poi come quando sei nell’occhio del ciclone…. minuti di calma apparente. Il giudice all’opera. Osserva, analizza, esplora e ci pensa! E finalmente il verdetto! Il turbine di emozioni ricominciava e andava dalle esplosioni di rabbia alle urla di gioia. Abbracci e congratulazioni nonostante il grondante e repellente sudore da una parte e occhi dallo sguardo assassino dall’altra. Frustrazione, delusione e immensa realizzazione. Quale altra attività mi poteva garantire di vivere tutto ciò in maniera così concentrata e vera?
Decisi che sarebbe stato il mio mondo.
Come è andata? Sono stato fortunato. Non ho trovato degli amici ma una vera famiglia con genitori (le persone esperte che mi hanno guidato), fratelli (tra cui anche il mio vero fratello che ha condiviso questa passione con me) e adesso anche qualche figlio (le persone che hanno intrapreso questa via anche grazie ai miei insegnamenti). Una famiglia felice capace di mantenere la sua integrità in mezzo a una palude che cerca di inghiottire ogni tipo di passione e nascondere il vero significato di qualsiasi attività. Una palude fatta da persone frustrate, non-appassionate-non di cani, deluse dalla propria vita e insignificanti come esseri che usano un mezzo (il cane) non per uscire dalla palude ma per ingrandirla. Ma anche questa a suo modo è una famiglia.
Quello che mi piacerebbe che vi chiedeste è: io a quale famiglia voglio appartenere?